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La cucina siciliana fa parte di una cultura gastronomica regionale complessa ed articolata, che mostra tracce e contributi di tutte le culture che si sono stabilite in Sicilia negli ultimi due millenni. La lista dei prodotti tipici è lunghissima. Ogni provincia, e, in molti casi, ogni comune, ha una sua specialità e anche i nomi degli stessi alimenti variano di zona in zona. È universalmente conosciuta la granita siciliana, il latte di mandorla (dolce-amaro), tavola calda o rosticceria, con gli arancini di riso, panelle e crocché. Anche il pesce, in molte varietà, è un alimento importante della cucina siciliana . Tra i dolci tipici della regione non sono da dimenticare i cannoli, la cassata classica, i dolci di mandorla e le raviole.

 

 

 

 

 

 

Mazara del Vallo

 

Mazara del Vallo è un comune della provincia di Trapani, affacciato sul Mar Mediterraneo, alla foce del fiume Màzaro e distante meno di 200 km dalle coste tunisine del Nord Africa. Il vecchio “centro storico”, un tempo racchiuso dentro le Mura normanne, include numerose chiese monumentali, alcune risalenti all’XI Secolo, e un quartiere a impianto urbanistico islamico tipico delle “medine”, chiamato Casbah, di cui le viuzze strette sono una sorta di marchio di fabbrica.

Le attività economiche che la contraddistinguono principalmente sono la pesca, l’agricoltura e l’industria cantieristica e alimentare, in particolare quella del pesce. Mazara del Vallo è uno dei più importanti e noti porti pescherecci italiani, base di armamento di una flotta di circa 350 grandi motopescherecci d’altura (con circa 4.000 pescatori imbarcati), che rientrano ogni 20 giorni. A Mazara risiedono, spesso con le famiglie, circa 3.000 immigrati, provenienti in larga parte dal Maghreb, impiegati da oltre 25 anni nelle attività pescherecce, agricole e artigianali della città. Essi risiedono principalmente nel centro storico cittadino di matrice araba. Mazara è altresì salita alla ribalta delle cronache nel marzo 1998, quando un peschereccio locale, comandato dal capitano Francesco Adragna, ha recuperato, a circa 480 metri di profondità nelle acque dello Canale di Sicilia, una scultura bronzea di oltre 2 metri, risalente al periodo ellenistico, conosciuta con il nome di Satiro Danzante. La statua, dopo essere stata restaurata ed essere stata per un breve periodo in mostra a Roma, presso Montecitorio, é adesso esposto a Mazara nell’omonimo museo in Piazza Plebiscito.

La Mandorla

 

Nel passato una risorsa economica considerevole per gli agricoltori siciliani era la coltivazione del mandorlo. I frutti teneri, i cosiddetti minnulicchi dal sapore leggermente acidulo, si gustavano a primavera inoltrata; quando le condizioni climatiche erano favorevoli alcuni rami, carichi di frutti, intrecciati con tralci di favaiani servivano, in occasione della festa di S. Giuseppe, ad addobbare la vara. Le mandorle venivano raccolte dopo ferragosto quando cominciava ad aprirsi la buccia esterna; venivano portate in paese perchè il lavoro della sbucciatura veniva fatto dalla moglie dell'agricoltore aiutata da vicine di casa e parenti e le strade dei paesi si riempivano di voci assordanti ma profondamente interessanti. Eliminata a spogghia di fori, le mandorle venivano messe ad asciugare al sole. Dal momento che non esistevano le comode schiacciatrici di oggi, le donne si riunivano in un secondo tempo per schiacciare le mandorle e annittalli. La ntritra ricavata veniva venduta; solo una parte veniva conservata per fare u turruni e, nel periodo natalizio, i picciddata. La scorcia veniva usata ppi ardiri u furnu; la carbonella ricavata era una delle migliori per alimentare bracieri e scaldini. Chi aveva un'abbondante produzione vendeva le mandorle ai sinzali i quali, per schiacciarle e selezionarle, assumevano delle donne che venivano ricompensate con la scorcia. U minnulitu era una proprietà molto pregevole e, nelle famiglie possidenti, i nonni usavano lasciarlo in eredità al primo nipote.

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Albero Mandorlo
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